Mastracci Proja

Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo

Che vuol dire licenziamento per giustificato motivo oggettivo?

La fattispecie del licenziamento per giustificato motivo oggettivo è disciplinata all’art. 3 della Legge 604/1966 quale licenziamento per ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa; i motivi sottesi all’intimazione del licenziamento sono quindi di natura economica e afferiscono sostanzialmente alla scelta dell’imprenditore/datore di lavoro di rinunciare ad una posizione lavorativa o per far fronte ad esempio ad una contrazione del fatturato o anche per abbattere i costi dell’impresa al fine di prevedere un maggior utile. In tal senso, dunque, il giustificato motivo oggettivo non implica necessariamente una crisi dell’impresa ma può tradursi in una scelta rientrante nell’ambito di una riorganizzazione dell’azienda e quindi in una scelta imprenditoriale non sindacabile in sede giudiziale in quanto espressione della libertà imprenditoriale costituzionalmente garantita. 

Presupposto necessario ai fini della legittimità del licenziamento per GMO tuttavia è l’effettività della modifica organizzativa che ha determinato la soppressione del posto di lavoro e l’impossibilità di ricollocamento del lavoratore nell’ambito della riorganizzazione dell’azienda.

OBBLIGO DI REPêCHAGE

Si parla di obbligo di repechage con riferimento all’obbligo gravante sul datore di lavoro di subordinare il recesso all’impossibilità di adibire il lavoratore ad altra mansione anche di livello inferiore, stante la recente modifica dell’art 2013 c.c. che ammette il demansionamento del lavoratore stesso.

Ultimo profilo che si ritiene di dover menzionare è quello relativa alla scelta del lavoratore da licenziare.

La disciplina sul licenziamento individuale non prevede dei criteri, sicché la Giurisprudenza ha inteso estendere al licenziamento individuale i criteri di scelta applicabili nel licenziamento collettivo, quali: carichi di famiglia, anzianità di servizio e esigenze tecniche organizzative dell’impresa.

Licenziamento per giustificato motivo oggettivo illegittimo e disciplina sanzionatoria applicata

La tutela riservata al lavoratore in ragione del riconoscimento in sede giudiziale dell’illegittimità del licenziamento differisce a seconda delle dimensioni dell’azienda – salvo il caso di licenziamento discriminatorio, nullo o orale atteso che in questi casi la disciplina è la stessa indipendentemente dalla dimensione occupazionale – della data di assunzione del lavoratore e infine della natura del vizio del provvedimento espulsivo.

Per poter individuare la corretta disciplina applicabile caso per caso si deve, dunque, innanzitutto individuare la dimensione dell’azienda che si definisce “piccola” quando occupa fino a 15 dipendenti nell’unità produttiva, definita quest’ultima come la “sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo” presso cui il lavoratore è assegnato. In sede giudiziale l’onere di provare la dimensione occupazionale grava sul Datore di Lavoro.

In secondo luogo la data di assunzione che ha determinato una differenziazione di disciplina tra vecchi assunti, ovvero quelli già in forza alla data del 6.03.2015, e nuovi assunti, ovvero quelli assunti a tempo indeterminato dal 7.03.2015 ovvero quelli il cui rapporto di lavoro sia stato trasformato, dopo periodo a termine, o stabilizzato, dopo un periodo di apprendistato, a partire dal 7.03.2015.

Ai vecchi assunti si applica la Riforma Fornero (art. 1, c. 42, L. 92/2012) mentre ai nuovi assunti il cd. Jobs Act ovvero il regime delle “tutele crescenti”.

Infine, come accennato, la tutela varia in base alla natura del vizio del licenziamento che può determinarne la nullità, la annullabilità o l’inefficacia dello stesso.

Rispetto al tema trattato in questo articolo e, quindi, nell’ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, possiamo affermare che per i lavoratori assunti dopo il 6.03.2015 (limitando l’indagine proprio a quest’ultimi essendo oramai passati quasi 10 anni dall’entrata in vigore del Jobs Act), deve applicarsi il regime di tutele crescenti disciplinato dal Dlgs n. 23/2015 che prevede essenzialmente una tutela di tipo obbligatoria ovvero di natura indennitaria.

In altri termini, per i dipendenti assunti da aziende piccole a decorrere dal 7.03.2015, in caso di licenziamento illegittimo perché privo del GMO addotto è prevista una tutela meramente indennitaria di importo variabile ma comunque non inferiore a 3 e non superiore a 6 mensilità (calcolata sull’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR).

Per i dipendenti (sempre nuovi assunti) di aziende grandi è prevista la risoluzione del rapporto con effetto dalla data di licenziamento più un’indennità risarcitoria non inferiore a 6 e non superiore a 36 mensilità.

Avvocato Matteo Proja

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