LEGGE PINTO - EQUA RIPARAZIONE Una causa spesso dura molti anni e ciò comporta, per chi si è affidato alla giustizia,
danni sia patrimoniali che morali.
L’articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e
delle libertà fondamentali, ratificata con la legge 4 agosto 1955 n. 848, stabilisce che
“Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente,
pubblicamente ed entro un termine ragionevole”.
L’Italia è stata a più riprese sanzionata dalla Corte di Giustizia Europea per il
mancato rispetto del diritto alla ragionevole durata del processo.
Con la legge costituzionale 23 novembre 1999 n. 2 è stato introdotto il secondo
comma dell’articolo 111 della Costituzione che prevede il “principio del giusto
processo”, in base al quale ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in
condizione di parità e, in particolare, la legge ne assicura la ragionevole durata.
Il Governo italiano, al fine di assicurare il rispetto del suddetto principio, con la legge
n. 89 del 24 marzo 2001, denominata legge "Pinto", ha previsto il diritto all’equa
riparazione per il mancato rispetto del “termine ragionevole” di durata del processo.
Il termine di durata ragionevole del processo si considera rispettato,
se il processo non eccede la durata di:
• tre anni in primo grado
• due anni in secondo grado
• un anno nel giudizio di legittimità (Corte di Cassazione);
se il procedimento di esecuzione forzata si è concluso in tre anni, e se la
procedura concorsuale si è conclusa in sei anni;
se il giudizio viene definito in modo irrevocabile in un tempo non superiore a
sei anni.
Soggetti Legittimati - Chiunque abbia subito un processo può presentare ricorso per ottenere il giusto
indennizzo in caso di violazione del principio della ragionevole durata del processo
ed indipendentemente dall’esito del processo. Quindi chiunque sia stato vittima dei
ritardi della giustizia.
Il ricorso può essere presentato da persone fisiche, da persone giuridiche, da
soggetti sprovvisti di personalità giuridica (a titolo esemplificativo il condominio).
Ciò che rileva è l’essere stati “parte processuale” in un giudizio che sia civile, penale,
amministrativo, di lavoro, fallimentare, procedure esecutive; nonché nei giudizi in
Commissione Tributaria che non riguardino tasse e imposte.
Domanda per ottenere l’equa riparazione - Lo Studio Legale Mastracci Proja si occupa di assistere la clientela nella valutazione
preliminare delle condizioni che consentono di ricorrere alla Legge Pinto e nella
presentazione del ricorso innanzi all’autorità giudiziaria ossia la Corte di Appello
territorialmente competente.
Il termine entro il quale si può presentare il ricorso è disciplinato dall’art. 4 della
Legge Pinto il quale prevede che può essere proposto quando il processo di cui si
lamenta l’irragionevole durata sia ancora in corso oppure anche a seguito della
conclusione dello stesso, ma entro e non oltre il termine di sei mesi dal momento in
cui sia divenuto definitivo.
Cosa si può ottenere con il ricorso “Pinto” - Il ricorso all’equa riparazione consente al soggetto legittimato di ottenere un
indennizzo da parte dello Stato Italiano per i danni patrimoniali e non patrimoniali
subiti a seguito della lungaggine del processo indipendentemente dal suo esito.
L'art. 2-bis della Legge Pinto rubricato "Misura dell'indennizzo" prevede che "il giudice liquida a titolo di equa riparazione una somma di denaro, non inferiore a 400 euro e non superiore a 800 euro, per ciascun anno, o frazione di anno superiore a sei mesi, che eccede il termine ragionevole di durata del processo".
La tempistica occorrente per la riscossione dell’equo indennizzo varia in base alle
Corti d’Appello dislocate sul territorio nazionale.
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